Covid-19: possono le contact tracing apps aiutarci ad uscire dalla crisi?

Covid-19: possono le contact tracing apps aiutarci ad uscire dalla crisi?

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Il nostro modo di intendere la società è stato enormemente alterato dagli sforzi per controllare l’emergenza: con un vaccino per il Coronavirus lontano più di un’anno, i governi di tutto il mondo stanno prendendo in considerazioni strategie per riportarci quanto prima ad una parvenza di normalità.

Una delle opzioni prese in esame più attentamente è quella di usare la tecnologia degli smartphone per tracciare le persone che possono avere avuto il Covid-19 e quelle a cui potrebbero averlo trasmesso.

Le cosiddette contact-tracing apps seguono i movimenti dello smartphone di una persona usando tecnologie come il Bluetooth. I sensori Bluetooth dei nostri smartphone rivelerebbero quando ci troviamo in prossimità di chiunque avrebbe segnalato di avere sintomi del Covid-19, o che è risultato positivo ai test per il virus. Se un utente passa più di una certa quantità di tempo vicino a qualcuno che pensa o sa di essere positivo, verrebbe avvisato con una notifica.

Un’altra funzione chiave di queste apps è che potrebbero essere un modo di avvisare le persone in maniera retroattiva, ovvero quando hanno avuto contatto con qualcuno che era asintomatico o non sapeva di avere il Covid-19 e che lo ha segnalato solo in seguito.

Allentare il lockdown

La tecnologia Bluetooth viene utilizzata al posto della geolocalizzazione ottenuta dal GPS, in quanto è impossibile usare il GPS senza infrangere le leggi sulla privacy di molti paesi.

Inoltre, sia in termini di consumo di batteria che di precisione (ad esempio non funziona in edifici a più piani), il GPS tende a non essere particolarmente affidabile.

Mentre il Bluetooth ha un minor impatto sulla batteria e registra il “contatto” tra persone (o i loro telefoni), piuttosto che la loro posizione, ed è quindi più preciso.

Apple e Google hanno entrambe annunciato a metà Aprile di stare sviluppando tecnologie di contact-tracing tramite Bluetooth e che rilasceranno APIs — in italiano traducibile come Interfaccia di programmazione di un’applicazione — così da facilitare il lavoro di governi e compagnie che intendono sviluppare apps di contact-tracing. Ciò permetterà finalmente ai dispositivi Apple e Android di interagire tra loro.

I governi di tutto il mondo stanno pensando di introdurre queste apps alla loro popolazione, ma chi lo sta già facendo riconosce che le soluzioni basate su questo tipo di app devono essere solo una parte di una soluzione più ampia.

Le contact-tracing apps potranno aiutarci veramente solo quando sarà possibile effettuare test su larga scala. Se gli utenti di un’app avessero la possibilità di auto segnalarsi come contagiati dal coronavirus, solo perché hanno dei sintomi ma non hanno effettuato i test, la situazione potrebbe diventare drammatica.

Ci sono infatti i presupposti per una realtà insostenibile, creata dall’allarmismo e dalle false segnalazioni che possono essere fatte più o meno in buona fede. Viene logico pensare a coloro che soffrono di ipocondria e che potrebbero essere predisposti (più di altri) ad autodiagnosticarsi una malattia.

Ci sono poi le persone all’estremo opposto: infatti un piccolo ma significativo numero di persone ancora crede che il coronavirus non sia più pericoloso di un’influenza stagionale e questa linea di pensiero (con le azioni associate) potrebbe causare facilmente nuovi focolai, in particolare se hanno minimizzato o non hanno segnalato i loro sintomi o i risultati dei test.

Differenze culturali

Ci sono naturalmente preoccupazioni sull’implementazione di un tale cambiamento nella società in così poco tempo: per molte democrazie liberali è richiesto un totale ripensamento delle modalità in cui interagiamo gli uni con gli altri e i nostri diritti alla privacy.

I leader nello sviluppo delle contact-tracing apps sono paesi come Cina, Singapore e Corea del Sud.

TraceTogether è la contact-tracing app di Singapore che, rilasciata a Marzo, sembrava dovesse essere il modello da cui sviluppare questo tipo di tecnologia. Recentemente, però, il governo di Singapore ha riconosciuto di essere ancora ben lontano dal successo, in quanto l’app è usata solo da un cittadino ogni sei. Non è abbastanza per essere efficaci: si stima che per avere un effetto apprezzabile, le app di contact-tracing dovrebbero essere utilizzate da almeno il 60% della popolazione.

Parte del fallimento di TraceTogether è un difetto di sviluppo: l’app richiede all’utente di tenere il telefono sbloccato nelle loro tasche con l’app sempre aperta.

Altrove troviamo Health Code, l’app sviluppata dal governo di Pechino. Nel sistema cinese, piccole informazioni sulla tua vita, la tua cartella clinica e la tua situazione finanziaria, possono determinare l’accesso a molti servizi (perfino alla possibilità o meno di poter salire su un treno o un’aereo).

In Cina, quindi, il contact-tracing fa già parte della vita di tutti i giorni ed è già largamente diffuso e i dati sono raccolti dallo stato.

Le democrazie occidentali hanno senza dubbio fatto più fatica della Cina a mantenere un severo lockdown, quindi è anche molto probabile che la popolazione dell’Europa occidentale e del Nord America potrebbero non accettare di buon grado sui loro telefoni un’app che segua ogni loro movimento.

Guadagnarsi la fiducia della popolazione è importante per raggiungere la soglia di efficenza delle app di contact-tracing. In molti paesi lo scetticismo della popolazione sull’essere costantemente controllati giocherà un ruolo cruciale. Ma c’è anche un’altra questione fondamentale: solo 15 paesi al mondo hanno una diffusione degli smartphone tale da raggiungere la soglia di efficacia.

Nessuno vuole sminuire gli incredibili sforzi fatti per proteggerci e sconfiggere la pandemia del coronavirus, ma dobbiamo tenere a mente che qualunque contact-tracing app, per aiutarci a sconfiggere questa battaglia, dovrà sia convincere la popolazione, che la dovrà installare ed utilizzare, sia la comunità medica, che ha il compito di raccogliere informazioni dettagliate.

Scopriremo presto se queste app attualmente in fase di sviluppo raggiungeranno questo scopo.


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Federico Fiorillo è un content writer Toscano che vive nelle Alpi svizzere. Laureato in architettura ed appassionato di viaggi, ama scrivere articoli su tecnologia, lifestyle ed outdoor. Ispirato da uno stile di vita alternativo, tra le sue passioni ci sono fotografia, yoga, snowboard ed escursionismo.

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