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Raggiungeremo l’immortalità con la scienza? La chiave per la vita eterna si trova dietro il monitor di un computer? Parliamone insieme!
Oggi analizzeremo la percezione umana del tempo, di come questo condizioni la nostra vita. Dell’ironia e le contraddizioni dell’essere umano e della possibilità di sfuggire al controllo che il tempo esercita sulla nostra vita divenendo esseri immortali.
Un desiderio vecchio come il tempo stesso
Tutto comincia, molto molto tempo fa. Sin dalla preistoria, quando l’uomo ancora riportava i propri pensieri sulle grotte di Lascaux, cominciava a insinuarsi nelle nostre menti il concetto di tempo. Il corpo umano muta nel corso degli anni e in seguito abbiamo diviso la nostra vita in fasce d’età.
Dall’infanzia alla fanciullezza, dall’età adulta alla vecchiaia: la nostra vita viene scandita dal lento procedere degli anni. Il tempo, nostro fedele compagno di viaggio, che ci fugge tuttavia, come cantava Lorenzo il Magnifico nel Trionfo di Bacco e Arianna.
C’è stato un momento nella storia in cui abbiamo cominciato a contare ogni attimo della nostra vita: abbiamo diviso la lunghezza della giornata in 86’400 parti e abbiamo ottenuto così il secondo. Il tutto per tentare di imbrigliare una regola assoluta e assoggettarla al nostro controllo.
I secondi compongono i minuti, i quali a loro volta si dispongono in ore. In un universo in cui il tempo è calcolato in miliardi di anni, abbiamo avuto il bisogno di calcolarne i frammenti più piccoli e farne tesoro, poiché l’uomo ha un numero limitato di secondi a disposizione.
Circa due miliardi per una vita media di settant’anni. Un pensiero che ci spaventa, poiché il tempo mette a nudo due grandi verità dell’animo umano: la sua natura contraddittoria e la sua incertezza.
Non c’è oro né platino che tenga: il tempo non è una risorsa che è possibile ottenere in massa scavando nei meandri della Terra. Possiamo prenderlo in prestito, grazie alla moderna medicina, ma anche in quel caso ci troviamo di fronte a un limite che non possiamo superare.
Nel corso della storia, un desiderio ha avvicinato esseri umani di tutte le etnie e popolazioni: l’immortalità. Superare il limite imposto dalla natura e sfuggire alla presa che ha sulla nostra vita.
Dalla ricerca della pietra filosofale alle promesse della religione, con il tempo è cambiato solo il metodo per raggiungere questo obiettivo ma non lo scopo finale.
Ed è in questa ricerca che si nota maggiormente la natura contraddittoria dell’animo umano. Nonostante il desiderio di prolungare il più possibile il tempo a nostra disposizione, non ci curiamo di quello che sprechiamo ogni giorno.
Sei di fronte a un buffet, mangi un boccone di ogni portata e lasci cadere enormi briciole sul pavimento, tanto ci sono altri piatti ad attenderti. A fine pasto hai ancora fame e osservi con rammarico tutto ciò che ti è caduto tra le dita, come i secondi scanditi da una clessidra.
So che può sembrare strano sentir parlare di filosofia e morale in un articolo di approfondimento sulla tecnologia, ma d’altronde questi sono elementi indissolubili: ogni invenzione e scoperta porta con sé delle risposte e nuove domande. Ed è nella tecnologia che l’uomo potrebbe trovare la chiave per una riserva infinita di tempo.
Non stiamo parlando dell’immortalità dell’anima e neanche di un’immortalità della memoria come quella di cui godono i grandi uomini e donne del passato: parliamo della capacità di vivere oltre i confini biologici, tanto da poter considerare gli stessi anni alla stregua di secondi.
Da un punto di vista scientifico ci sono due strade che possono essere percorse per raggiungere questo obiettivo: la via biologica e la via digitale.
L’immortalità biologica
Nel primo caso si va alla ricerca di un metodo che permetta una perfetta rigenerazione cellulare: dato che la vecchiaia è causata dalle morte delle cellule e il decadimento del corpo, se riuscissimo a ribaltare questo processo potremmo diventare teoricamente immortali.
La rigenerazione cellulare non è un concetto estraneo alla natura: le cellule del corpo umano si rigenerano continuamente, anche se perdono gradualmente la capacità di farlo nel corso del tempo. E oltre all’uomo troviamo altri organismi, come la minuscola Idra, in grado di rigenerarsi completamente anche se tagliati a metà.
Ed è proprio in questa creatura, parente di coralli e meduse, che alcuni scienziati stanno cercando di trovare le porte per l’immortalità: mappando le cellule dell’idra, infatti, si cercherà in seguito di applicare lo stesso processo nell’essere umano. Questo ci permetterebbe non solo di sfuggire alla vecchiaia, ma anche di rigenerare i tessuti danneggiati a seguito di un incidente.
Siamo ancora lontani da questa realtà, ma è interessante analizzare uno scenario di questo tipo: cosa accadrebbe se l’umanità riuscisse a raggiungere l’immortalità tramite questo metodo?
Probabilmente la morte arriverebbe comunque nel modo peggiore: fame e sete. Il mondo è in crisi già in un presente in cui vivono miliardi di persone, se non ci fossero più morti e solo nascite, ben presto non ci sarebbero abbastanza risorse per mantenere l’umanità. Per non parlare dell’impatto sull’ambiente dato da un numero sempre più alto di esseri umani.
In risposta a questo problema, troviamo i tentativi di Elon Musk e degli altri scienziati che vedono un futuro di colonialismo spaziale: Marte potrebbe accogliere quella parte di popolazione in esubero, ma i pianeti adatti alla vita umana sono estremamente limitati e comunque richiederanno un adattamento per cui saranno necessari migliaia di anni.
Una soluzione distopica al problema sarebbe quello di vietare le nascite: l’umanità si ritroverebbe quindi in un momento di stasi, in cui il numero di individui non cambia in alcun modo.
L’immortalità digitale
La seconda strada verso l’immortalità è quella digitale: secondo alcune stime, saremmo a una manciata di anni dalla possibilità di trasferire la nostra coscienza dentro un computer e vivere per sempre in un mondo digitale.
Questa teoria si basa sulla legge di Moore, che prevede un andamento di progressione tecnologico basato sull’esperienza empirica: un sacco di paroloni, lo so, ma che significano che ci troviamo di fronte a una stima basata sull’esperienza più che su una vera e propria legge fisica.
Che accada tra vent’anni (come suggeriscono alcune stime) o molto più in là nel futuro, quest’opzione è la più verosimile per molte menti scientifiche.
Naturalmente, come ogni scoperta e innovazione, anche la digitalizzazione della coscienza ha le sue luci e le sue ombre.
Da una parte diventeremmo parte di un mondo potenziale, in cui potremmo ottenere qualsiasi cosa vogliamo poiché potrebbe essere creata da un semplice programma.
Potremmo avere la casa dei nostri sogni, vivere alle Hawaii o viaggiare in un paese diverso ogni settimana.
La Terra diventerebbe un mondo popolato da enormi archivi digitali e sistemi di produzione elettrica, eliminando allevamenti intensivi e inquinamento tradizionale.
Dall’altra parte, però, l’ombra si fa più fitta e il rovescio della medaglia potrebbe non essere gradito a tutti.
Una mente digitalizzata potrebbe essere modificata da un programmatore? Potrebbero cambiare il nostro modo di pensare semplicemente cambiando il nostro codice?
Inoltre, tutt’ora la stima migliore che viene fatta è quella di una copia della nostra mente e non di un trasferimento. In poche parole, verrebbe creata una versione digitale della nostra coscienza dotata dei nostri ricordi e convinta in tutto e per tutto di essere stata trasferita, mentre la persona originale sperimenterebbe comunque la morte.
Ed ecco che nell’argomento torna a fare capolino la filosofia: se siamo pura mente e il corpo è transitorio, come potrebbero suggerire le discipline religiose e spirituali, allora questo passaggio non rappresenterebbe un problema.
Una volta raggiunta l’immortalità
Nel 2045 potremmo diventare digitali e mancano solo poco più di vent’anni.
E forse allora potremmo avere una risposta a cosa vuol dire essere immortali: ne sarà valsa la pena aver rincorso questo obiettivo per tutto questo tempo?
Come cambierebbe la psiche umana senza la spada di Damocle della morte sulle spalle? Quale valore daremmo alla vita degli altri animali, bloccati nel circolo di vita e morte? Quale valore daremmo al tempo stesso, avendone a disposizione una quantità infinita?
La percezione che abbiamo in questo momento del tempo è data dalla nostra durata vitale: una farfalla che vive un singolo giorno vive in modo molto diverso i minuti e le ore rispetto a noi. Se il tempo a nostra disposizione fosse infinito, quanto durerebbe un anno nella nostra mente? Quanto durerebbe un’era, di fronte all’immortalità?
Queste sono tutte domande che è lecito porsi ma a cui è difficile dare una risposta, per questo poniamocene una più diretta e che si applica al nostro caso: perché vogliamo l’immortalità?
Per avere più tempo per raggiungere i propri obiettivi, potresti rispondere, o per vivere una vita piena. Il motivo fondamentale rimane uno, però: la paura della morte.
Un timore che ha fatto parte dell’umanità sin dai tempi più antichi, poiché da sempre si ha paura di ciò che non si conosce.
Una paura a cui hanno dato risposta religioni e filosofie, ma che continua ad albergare nei cuori di tantissime persone ai giorni nostri.
E sebbene l’immortalità sembri un buon modo per non affrontare mai il grande balzo nel buio, il modo migliore di condurre la propria vita è quello di viverla appieno. Accettando e abbracciando i suoi limiti che, in quanto tali, la rendono perfetta.
Nell’ideologia greca, infatti, una cosa priva di fine è manchevole e imperfetta. Ed è forse proprio la morte a rendere la vita degna di essere vissuta.