Di quante invenzioni riesci a ricordare il nome dell’inventore?
A parte casi eccezionali, molto spesso la portata di una scoperta tende a nascondere completamente la persona che l’ha fatta, tanto da essere conosciuta in tutto il mondo a discapito dell’inventore.
Di tanto in tanto, c’è un’aura di mistero dietro al nome di un uomo o donna di scienza, in quanto la stessa invenzione potrebbe avere diversi nomi alle sue spalle che si contendono il titolo di “inventore”.
Ci sono poi casi in cui il nome del genio è ancora più famoso delle sue scoperte: un caso evidente di questo tipo è Leonardo Da Vinci, il quale gode di una popolarità maggiore rispetto a qualsiasi singola invenzione abbia offerto al mondo.
Ma qualsiasi sia il nome dietro un’invenzione, ti posso garantire che il procedimento che ha portato a quella scoperta è ben diverso da come la maggior parte delle persone si potrebbe immaginare.
Le invenzioni nel cinema
Come vedremo tra poco, il processo dietro un’invenzione è spesso frastagliato: sebbene l’idea della proverbiale lampadina che si accende sopra la testa dell’inventore sia molto amata nell’immaginario comune, la realtà è ben diversa.
Dobbiamo incolpare la Disney di questa immagine sbagliata, per quanto poetica: con il personaggio di Archimede Pitagorico, che ha conquistato i cuori di migliaia di lettori, la nostra idea di un inventore è spesso la stessa.
Parliamo infatti di una persona eccentrica, circondato da marchingegni più o meno funzionanti e che vive in un rottamaio composto dalle sue precedenti invenzioni.
D’altronde, non è questa l’immagine che ci viene mostrata in Ritorno al Futuro, quando scopriamo il personaggio di Emmett Brown?
Ma il mondo del cinema e dei fumetti spesso si discosta da quello reale. E la nostra storia è costellata di invenzioni, uomini e donne di scienza. Tutti accomunati da un processo simile.
La scoperta dell’elettricità
Parliamo di una vera e propria tradizione collettiva, in cui lo sforzo condiviso di diverse persone è necessario per arrivare a una scoperta definitiva.
Nel mondo della scienza, infatti, è più che mai vero il proverbio che canta: “L’unione fa la forza”. Diversi modi di affrontare lo stesso problema, diverse menti che analizzano la stessa situazione da diversi punti di vista permette di ottenere risultati un tempo impensabili.
Un altro detto è “Due teste sono meglio di una” e in genere è vero: lo sforzo collettivo riesce a superare i limiti della singola persona.
E di limiti una persona ne ha a dozzine, ma il potenziale dell’umanità si esprime superando ogni sfida che le si para davanti.
Ma basta parlare genericamente di scoperte e invenzioni e cominciamo il nostro viaggio con una singola domanda: chi ha scoperto l’elettricità?
A questa domanda, se potesse risponderci, la natura si farebbe probabilmente una grande risata: l’elettricità è parte del mondo naturale e lo è stata sin dalla notte dei tempi. Per questo si parla di una scoperta e di un’invenzione.
Ma anche in questo caso, si parla forse di un momento di illuminazione che portò luce in un mondo altrimenti oscuro? Prima di questa scoperta, nessuno aveva mai avuto un’idea di cosa fosse l’elettricità?
È abbastanza arrogante, infatti, pensare di essere i primi ad avere una specifica idea: secondo il Population Reference Bureau, al mondo hanno vissuto oltre 100 miliardi di persone e appare difficile immaginare che nessun altro prima del diciottesimo secolo dopo Cristo abbia notato la sua esistenza.
Infatti, la prima concezione di elettricità è datata migliaia di anni, quando nell’antico Egitto le persone cominciarono a notare alcune particolari capacità degli animali che nuotavano nel Nilo. All’epoca esistevano già animali che utilizzavano l’elettricità come meccanismo di attacco o di difesa: anguille che vivono ancora oggi nei nostri fiumi e che sono capaci di emettere una scarica in grado di uccidere animali ben più grandi di loro.
Da queste prime idee, nacque un interesse nell’umanità nei confronti di quel potere che venne portato avanti nel corso del tempo e, sebbene Benjamin Franklin sia il nome che viene più frequentemente associato a questa scoperta grazie al suo enorme contributo, il merito non è solo suo.
Da Galvani a Graham Bell, da William Gilbert a centinaia di altre persone che nel corso del tempo hanno contribuito al raggiungimento di questa scoperta.
La storia dell’elettricità e di Benjamin Franklin ci mostra già un’importante verità. Una verità difficile da accettare, ma prima di vedere di cosa si tratta, vediamo un altro esempio.
Chi ha inventato il telefono?
Sai chi ha inventato il telefono? Qual è il nome che si trova alle spalle di questa grande invenzione?
Come potrai immaginare, arrivati a questo punto, tanti sono i nomi che si sono succeduti nel corso del tempo e che hanno contribuito a questa invenzione. Da Weber e Gauss e il loro telegrafo a Innocenzo Manzetti e la sua teoria di telefono.
Ma anche parlando di chi si è preso ufficialmente il merito di questa scoperta, il mondo della scienza è diviso tra due nomi: da una parte troviamo Bell, il quale viene riconosciuto come il padre dell’invenzione con un brevetto datato 1876, dall’altra parte troviamo Antonio Meucci, il quale deteneva un brevetto nel 1871 ma che per motivi economici e sociali non fu in grado di mantenerne il possesso.
La storia di Meucci, triste nella sua attualità, ci conferma la verità suggerita in precedenza dalla storia di Franklin.
Il lato oscuro delle invenzioni
Se è vero che è difficile che su cento miliardi di persone vissute al mondo un’idea sia veramente originale, perché fino a un dato inventore non si è realizzata?
Questo perché un’invenzione, per vedere la luce, ha bisogno della concomitanza di diversi fattori.
Il primo è il genio di una persona: non tutti hanno la preparazione e l’intelligenza necessaria per essere dei pionieri nel mondo della scienza. È necessario vedere il mondo con degli occhi ben precisi, i quali si rifiutano di vederlo per ciò che è e si ostinano a vederlo per ciò che potrebbe essere.
Il secondo è il passato. Una persona, infatti, si erge sulle spalle di coloro che l’hanno preceduta e hanno gettato le basi per permettere a un’idea di giungere nella corretta forma all’inventore.
Come terzo fattore troviamo i mezzi: Meucci non ebbe i mezzi per promuovere e mantenere la propria invenzione, ma riuscì comunque a condizionare il mondo e a permettere la sua creazione di vedere la luce nello stesso periodo.
Poniamoci quindi le domande: “Quanti Albert Einstein sono morti nei campi di cotone?” “Quanti Benjamin Franklin sono annegati durante una traversata in mare?” “Quanti Stephen Hawking non hanno mai potuto osservare le stelle perché avevano il volto premuto contro la polvere?”
Questa è una dura realtà da accettare, ma il potenziale di una persona deve trovare le condizioni ideali per essere espresso.
Condizioni che oggi toccano più persone rispetto che in passato ma che non sono ancora universali. Più ci avvicineremo a un futuro in cui ognuno potrà esprimere appieno il proprio potenziale, più la scienza e la società si evolveranno a velocità mai viste prima.
Un piccolo monito giunge infine, come dicevano le Parche nel celebre film di animazione della Disney: c’è un ostacolo che si trova sulla strada di questo futuro: il diritto d’autore.
Al giorno d’oggi tra leggi sul copyright, marchi registrati e diritti d’autore è sempre più difficile poter sfruttare l’operato altrui per costruire a nostra volta. Se è essenziale essere riconosciuti per ciò che facciamo, questi ostacoli minano quel processo collettivo che ha permesso a tante invenzioni di prendere forma.
Sarà quindi difficile trovare un equilibrio, in questo senso, che ci permetta di sfruttare il potenziale dell’umanità senza calpestare i diritti dell’uomo singolo.